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Ho capito: “Ma se me lo dicevi prima”!

Mi sono svegliato da poco e faccio mente locale su cosa e come. Ma mi chiedo anche del perché, e quando. Solo qualche attimo, prima di accorgermi che stavo vivendo in un tempo all’incontrario. Dove tutto ciò che era necessario non serve più. Mi dovrò dotare di nuove armi per accedere al nuovo mondo. Nuove maschere e mascherine. Potrei commutare le risorse. Le mie esperienze. Il mio sapere. Ma si riconvertono da sole. Il processo di ogni mutamento diventa così naturale, che senza accorgermi, mi ritrovo anche a pensare all’incontrario.

Non è “Necessariamente Necessario” scomodare Nostradamus, per avere notizie di prima mano. A proposito di mano, neanche andare da una chiromante, a farsi leggere “tra le righe”, sarebbe tanto utile. Col senno del poi, saremmo riusciti un po’ tutti a capire come ne saremmo usciti fuori. Si, vabbè, “Ho capito, ma se me lo dicevi prima”. Era il febbraio del 1989, quando Enzo Jannacci presentava a Sanremo una canzone, che accennava al tema della droga, che si diffondeva sempre più, per le vie di Milano. Oggi come allora.

Cambia il genere, ma il prodotto non cambia. Il male che dilaga. Il male che ci opprime. (cit. testo) “Ho capito, ma se me lo dicevi prima” …… “Ma io ho bisogno adesso, io sto male adesso. Eh io ho bisogno di lavorare adesso” …… “E allora sarà ancora bello … Quando guardi il tunnel, che è ancora lì vicino. E non ci credi ancora. E sei venuto fuori. E non ci credi ancora. E c’hai la pelle d’oca. E non ci credi ancora …”

E ritorno al tempo all’incontrario. Mi accorgo che non tutti hanno le giuste protezioni per ricominciare dopo il tunnel. Loro saranno le prime vittime del dopo. I più deboli. I più indifesi. Quelli che nel circo della vita, hanno sempre dovuto fare tante capriole per sopravvivere per ricevere un applauso. Senza mai avere una rete di protezione che li sorreggesse dal vuoto. Le vertigini, sempre tante. Ma loro non cadranno mai. Ho capito. Ma se me lo dicevi prima.

 

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